“Bisogna presentarsi sul mercato uniti per aumentare il potere contrattuale. Nell’ortofrutta operano 10 mila commercianti, di cui circa 2 mila esportatori, mentre la domanda è nella mani di pochissimi buyer della gdo. C’è quindi un netto sbilanciamento di forze sul mercato”.
Secondo Francesco Donati, Presidente nazionale della Federazione di prodotto della frutticoltura, la via per una maggiore valorizzazione della produzione italiana passa per l’aggregazione.
La polverizzazione dell’offerta è un problema vecchio, ma purtroppo ancora oggi non risolto.
“Un problema di mentalità e di cultura, occorre passare dall’io al noi, i produttori frutticoli – sottolinea Donati – devono capire che disuniti non vanno da nessuna parte. Servono invece Reti di impresa oppure Organizzazioni di produttori”.
Un esempio di quali traguardi si possono raggiungere seguendo questa strada lo testimonia la mela prodotta in Trentino Alto Adige: attorno al frutto si è creato più di un brand riconoscibile che si promuove spesso assieme al territorio. E’ stato inoltre costituito un consorzio di secondo livello per l’internazionalizzazione in cui tutti i produttori si presentano assieme sul mercato export per fare massa critica.
In Emilia Romagna si cerca di replicare questo modello con Opera che raccoglie 19 strutture di produzione delle pere che rappresentano il 30% del raccolto di 4 province (Modena, Ferrara, Bologna e Ravenna).
Come si incentiva la concentrazione dell’offerta? Le risorse dell’Ocm ortofrutta sono oggi troppo spesso disperse in tanti rivoli. Sarebbe più utile e vantaggioso, invece, focalizzarle su pochi obiettivi ben selezionati e mirati.
“Il traguardo dell’ortofrutta italiana – ribadisce Donati – è quello di presentarsi sul mercato con pochissimi venditori”. Spesso le aziende e i produttori sono in concorrenza tra loro, questo è sempre deleterio per il comparto. Sull’ortofrutta c’è un potenziale di valore aggiunto ancora inespresso”. (F.B.)