L’istituto del compendio unico, originariamente introdotto dall’art. 5 bis della L. n. 97/1994 (compendio unico “montano”), prevedeva che nei territori delle comunità montane, il trasferimento a qualsiasi titolo di terreni agricoli a CD e IAP, che si impegnano a costituire un compendio unico, e a coltivarlo, o a condurlo, per un periodo di dieci anni dal trasferimento, fosse esente da imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere. I terreni sono considerati indivisibili per quindici anni dal momento dell’acquisto e per questi anni non possono essere frazionati per effetto di trasferimenti a causa di morte o per atti tra vivi.
A questa fattispecie ha fatto poi seguito quella della minima unità colturale, intesa quale estensione di terreno necessaria per il lavoro di una famiglia agricola, introdotta dal D.Lgs. n. 99/2004 che, avendo ricondotto l’art. 5 bis nell’ambito del D.Lgs. n. 228/2001, ha esteso l’agevolazione del compendio unico ai terreni situati sull’intero territorio nazionale con impegno alla conduzione e vincolo di indivisibilità per dieci anni (non più i quindici validi per il compendio “montano”). L’intento dei suddetti provvedimenti è sempre di favorire la ricomposizione fondiaria e il riordino fondiario promossi da Regioni, Province, Comuni e comunità.
La Suprema Corte osserva che l’art. 5 bis, comma 6, della legge n. 97/1994 stabilisce che “le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano regolano con proprie leggi l’istituzione e la conservazione delle aziende montane, determinando, in particolare, l’estensione della superficie minima indivisibile”.
In particolare, l’art. 7 del D. Lgs. 99/2004, ha introdotto l’art. 5 bis del D. Lgs. 228/2001, in cui stabilisce che per “…compendio unico si intende l’estensione di terreno necessaria al raggiungimento del livello minimo di redditività determinato dai piani regionali di sviluppo rurale per l’erogazione del sostegno agli investimenti…”.
In forza di tale definizione, il compendio unico è da ritenersi la minima unità colturale, che non può essere ulteriormente frazionata. I limiti di tale unità sono definiti dal legislatore regionale o, in caso di inerzia, da quello nazionale. La Cassazione “…nell’evidenziarne l’autonomia (del compendio unico) rispetto a quella di minima unità culturale di cui all’art. 846 c.c. (abrogato) ha osservato come quest’ultima facesse riferimento alle necessità della famiglia coltivatrice diretta, ed alla conveniente coltivazione secondo le regole della buona tecnica agraria, mentre il compendio unico ha inteso dare rilievo all’aspetto produttivo dell’azienda agricola, stabilendo condizioni per il conseguimento di agevolazioni fiscali allo scopo di garantire un minimo di redditività…”.
In base all’art. 5 bis, della L. n. 97 del 1994, “…il vincolo di indivisibilità non riguarda il compendio unico, considerato nella sua interezza, cioè così come risultante dall’atto di acquisto, bensì il compendio unico “entro i limiti della superficie minima indivisibile di cui al comma 6”, e dunque, nei limiti della superficie stabilita dal legislatore regionale…”.
Nel caso deciso dalla Corte, avendo usufruito la società agricola dell’agevolazione sull’intero compendio unico, dovrà pagare sul 20% del prezzo versato per l’acquisto degli 800 ha, l’imposta proporzionale di registro nella misura dello 8% e le imposte ipotecaria e catastale nella misura, anch’essa proporzionale, complessiva del 3%.