“Non si può perdere la filiera italiana del grano, emblema di un prodotto rappresentativo del made in Italy nel mondo come la pasta. Il comparto del grano duro, che impegna più di 200 mila aziende ed investe 1.300.000 ettari, sta vivendo una crisi profonda – ha affermato Guidi -. Si ritrova senza garanzie, con ricavi inferiori ai costi, importazioni massicce dall’estero, norme inefficaci che regolano il mercato mondiale, controlli sanitari pressoché inesistenti nei porti, limiti notevoli della capacità di stoccaggio, incognite delle nuove semine, contrapposizione con commercianti e industria molitoria e pastaia che ha caratterizzato gli ultimi mesi”. “Abbiamo avanzato richieste precise per contrastare la crisi del comparto – ha ricordato -. Alcune da attuare nell’immediato come, ad esempio, la definizione di regole precise e compartecipate, sia dalla parte agricola sia dalla parte industriale, per gli accordi di filiera; la condivisione in tempo reale delle informazioni commerciali; l’istituzione di un efficiente ed innovativo meccanismo telematico che consenta di fissare un prezzo nazionale giornaliero, sulla base dei contratti realmente siglati, in alternativa alle commissioni locali; gli accordi interprofessionali per una gestione più efficiente e organica dell’intera filiera. Come agricoltori, dobbiamo fare la nostra parte continuando a impegnarci per migliorare la qualità – ha concluso Mario Guidi – . Ma questa qualità deve poi essere riconosciuta, selezionata e premiata da stoccatori e trasformatori, evitando di fare di tutto il grano un mucchio e di vanificare così i nostri sforzi per produrre al meglio. E non dobbiamo scandalizzarci se il prodotto raccolto viene collocato diversamente sul mercato a seconda della sua qualità. L’obiettivo principale resta quello di aumentare globalmente la quantità di qualità”.