Il 10 Marzo ricorre il settantesimo anniversario del decreto legislativo che ha riconosciuto il diritto di voto alle donne. Nel panorama politico di oggi, in cui tanto si discute per dar voce e diritti ad assetti sociali disconosciuti e negati, appare strano che solo settanta anni fa la donna era ancora condannata all’oblio dell’invisibilità politica.
L’Italia, rispetto ad altri Paesi d’oltralpe, arrivò con circa 20 anni di ritardo all’emanazione di tale provvedimento. Noi donne di oggi, forse, non riusciamo a capire il motivo di tanto ritardo. Il fascismo certo funzionò da freno nell’adottare provvedimenti in favore del voto alle donne, ma i governi succedutisi, pur dopo l’emanazione del decreto, hanno ritardato il processo di reale riconoscimento e valorizzazione delle donne nel mondo politico e del lavoro.
Basti pensare, che solo nel ’50 viene varata la legge sul congedo di maternità, mentre nel ’60 le donne vengono ammesse a tutte le professioni e nel ’63 viene loro concesso di entrare in Magistratura. Alle massime cariche dello Stato in settant’anni si sono avvicendate solo tre donne, e negli ultimi governi pur assistendo ad un notevole aumento delle presenze femminili a capo di ministeri, non possiamo non rilevare che soprattutto nelle realtà più decentrate le donne devono ancora sgomitare molto di più rispetto agli uomini per il raggiungimento di ruoli di vertice, sia politici che amministrativi.
Nel comparto agricolo, le Imprese condotte da Donne imprenditrici rappresentano circa il 37% del totale e
costituiscono il cuore pulsante di un Paese, che sull’economia agricola ha puntato le sue carte di rinascita economica e culturale. Le donne, sicuramente, sono schierate in prima linea nella diffusione e tutela dell’immagine di un’Italia laboriosa riuscendo a fare un’agricoltura di livello, sempre più attenta ai criteri di sostenibilità, qualità e salute.
Conquiste tante……Riconoscimenti pochi. Le conquiste sono un dato oggettivo e reale ,mentre i riconoscimenti a livello politico ed amministrativo sono ancora retaggio di una “fronda culturale” dura a cambiare e che vede sempre più favoriti gli uomini ai vertici del settore. Abbiamo accolto con grande soddisfazione l’approvazione alla Camera della norma che introduce il tetto minimo di quote di genere nei consigli di amministrazione dei consorzi alimentari che non deve essere inferiore al 30%.
Sulla scia della approvazione di tale norma ci attendiamo nuovi provvedimenti che diano altre giuste possibilità di partecipazione alle donne alla vita politica e dirigenziale del comparto agricolo.