Aggiornamento nuova PAC

Il documento “La nuova Pac: le scelte nazionali”

A seguito dell’accordo politico Mipaaf-Regioni del 27 maggio scorso, si è poi proceduto ai previsti incontri tra Assessorati e Mipaaf per concretizzare in un testo quell’intesa di principio.

Le riunioni si sono svolte il 4 giugno (a livello tecnico – c.detto “gruppo di alto livello”) e poi il 5 giugno scorso (in mattinata tra Regioni e nel pomeriggio con un confronto anche con il Ministro Martina). Ne è scaturito un testo (allegato 1 – “La nuova Pac: le scelte nazionali”) che costituisce la base per l’implementazione delle novità della riforma della Pac “verso il 2020” per quanto riguarda il regime dei pagamenti diretti.

Questo testo dovrebbe essere approvato in occasione della Conferenza Stato Regioni del 12 giugno prossimo. Poi diverrà l’orientamento per l’atto amministrativo, presumibilmente un decreto ministeriale firmato dal Ministro Martina, che circostanzierà le scelte e le formalizzerà sul piano giuridico.

 

Gli elementi salienti dell’intesa Mipaaf-Regioni

Gli elementi che erano stati già anticipati con la circolare confederale del 29 maggio scorso e che si basavano solo su indiscrezioni e comunicazioni informali, sono stati grosso modo confermati, almeno per quanto riguarda le scelte principali e la struttura di massima del “pacchetto di pagamenti accoppiati” che rimane finanziato da una quota pari all’11 per cento del massimale finanziario nazionale (da 3,9 nel 2015 a 3,7 miliardi di euro a regime, nel 2019,  per finanziare i pagamenti diretti a favore degli agricoltori in Italia). Si registra invece un sostanziale cambiamento riguardo gli orientamenti sinora emersi in proposito della definizione di “agricoltore attivo”. Alcune scelte non sono invece state ancora formulate.

Ecco nuovamente una sintesi dei contenuti del documento Mipaaf-Regioni al quale si rinvia per maggiori dettagli:

  • il metodo di calcolo dei diritti dal 2015  farà riferimento alle somme “pagate” (quindi non al valore dei titoli di proprietà) nel 2014;

 

  • evoluzione del valore dei titolibasata su:
    • pagamento medio calcolato con regione unica nazionale;
    • sistema di “convergenza parziale” (o “convergenza irlandese”);
    • calcolo del pagamento di greening proporzionale (55% circa) al valore del titolo disaccoppiato;

 

  • tipologie di pagamenti erogabili in Italia: pagamento di base, pagamento di greening, maggiorazione giovani e pagamenti accoppiati (v. dopo per i dettagli). Nel documento non si fa cenno alla applicazione in Italia del pagamento redistributivo (sui primi ettari dichiarati) né a quello per le aree svantaggiate. Si può quindi presumere che l’Italia non applicherà queste due tipologie di pagamenti facoltativi per gli Stati membri;

 

  • soglia minima delle domande per poter essere liquidate: è stata fissata a 250 euro nel 2015 e nel 2016 e 300 euro a partire dal 2017. Tali somme si riferiscono al totale dei pagamenti diretti spettanti, quindi includono pagamenti di base, di greening, maggiorazione dei giovani e pagamenti accoppiati;

 

  • agricoltore attivo: è stato confermato che la verifica del requisito di agricoltore attivo in Italia si effettua sopra la soglia di 1250 euro di pagamenti nell’anno precedente (5mila euro per le aziende collocate prevalentemente nelle zone montane e/o svantaggiate).

 

Sopra tali soglie, sono poi agricoltori attivi i soggetti che rispettano almeno uno dei seguenti requisiti:

  • essere iscritti ai registri dell’Inps come IAP, coltivatori diretti, mezzadri o coloni;
  • avere una partita IVA agricola attiva e presentare una dichiarazione annuale IVA (nelle aree montane e svantaggiate la presentazione della dichiarazione non è necessaria).

 

Non sono invece in via di principio “agricoltori attivi” – e sono quindi inclusi nella “lista nera” indicata in regolamento comunitario che comprende aeroporti, ferrovie, acquedotti, società immobiliari e società che gestiscono attività sportive e ricreative permanenti – i soggetti che esercitano attività di intermediazione creditizia, servizi assicurativi, intermediazione commerciale nonché la pubblica amministrazione (tranne quelle dedita ad attività di formazione e/o di ricerca). Nel documento non si accenna a come vanno considerate le persone giuridiche partecipate dai soggetti che esercitano le attività di cui sopra;

  • riduzione dei pagamenti: la cosiddetta “degressività” sarà applicata con percentuali significativamente più elevate del 5% minimo oltre i 150 mila euro richiesto dalla normativa comunitaria. L’Italia ha infatti deciso di ridurre i soli pagamenti di base (la degressività fa salvi gli altri pagamenti diretti spettanti ai beneficiari e cioè: premi accoppiati, greening e maggiorazioni per i giovani agricoltori) del 50% per le somme eccedenti i 150mila euro e del 100% (plafonamento o capping) per le somme, dopo l’applicazione della riduzione del 50%, che dovessero eventualmente eccedere i 500 mila euro. La nuova versione del testo chiarisce meglio le modalità di applicazione del taglio. Per temperare questa forte riduzione è stato però consentito, come permesso agli Stati membri dal regolamento, di dedurre dal totale degli importi assoggettati a riduzione tutti i costi lordi legati alle spese di manodopera sostenute nell’anno precedente, compresi gli oneri fiscali e previdenziali dall’agricoltore per sé e per i suoi familiari.

 

  • Il pagamento per i giovani sarà applicato utilizzando tendenzialmente sino al massimo possibile di risorse e cioè sino al 2 per cento del massimale finanziario nazionale (1% di base più 1% ulteriore eventualmente disponibile in caso di maggiore richiesta) per i pagamenti diretti; una cifra pari a circa 80 milioni di euro per anno che verrà spesa incrementando del 25 per cento il pagamento di base per i primi cinque anni di attività dei giovani con età inferiore a 40 anni.

 

  • Il pagamento accoppiato, invece, sarà applicato utilizzando l’11 per cento del massimale finanziario complessivo (circa 427 milioni di euro) e per erogare pagamenti diretti su vari settori. E’ stato ritoccato ulteriormente il quadro delle risorse che ora è così distribuito tra comparti:

 

  • Latte bovino: 84,6 milioni di euro, di cui 10 milioni per i bovini da latte in montagna;
  • Carne bovina: 106, 9 milioni di cui 40,5 per la linea “vacca vitello” (vitelli nati da vacche iscritte ai registri anagrafici o ai libri genealogici) e 66,4 milioni per bovini maschi macellati tra 12 e 24 mesi detenuti per almeno 6 mesi e con maggiorazioni per capi IGP, allevati per almeno 12 mesi (non è più previsto il requisito “nati in Italia”), certificati SQ nazionale e regionale o sistemi etichettatura facoltativa;
  • Ovini (piano “anti-scrapie” e incentivi per agnelli IGP): 15 milioni, di cui 5,5  per agnelli IGP;
  • Allevamenti Bufalini: 4 milioni di euro (premio per bufale di almeno 30 mesi che hanno partorito a condizione di versare un terzo del premio annuo per partecipare ad un fondo mutualistico che copra le perdite finanziarie determinate da epizoozie, parassitosi, fitopatie ed emergenze ambientali);
  • Piano proteine nazionale e frumento duro. Si tratta di un pagamento diretto ad ettaro per:
    • soia nelle regioni del Nord (Emilia Romagna, Veneto, Friuli V. G., Lombardia e Piemonte): 10 milioni di euro;
    • proteoleaginose annuali e grano duro nelle regioni del Centro (Toscana, Marche, Umbria e Lazio): 30 milioni di euro per girasole, colza, leguminose da granella, erbai di sole leguminose e frumento duro;
    • proteiche annuali nel Sud-Isole (Abruzzo, Molise, Piglia, Lucania, Calabria, Campania, Sicilia e Sardegna): 55.4 milioni di euro per proteiche da granella, erbai di sole leguminose e frumento duro.
  • Riso: 22,6 milioni;
  • Pomodoro da industria: 11,2 milioni;
  • Barbabietola da zucchero: 17,1 milioni;
  • Olio di oliva: 70 milioni di euro distinto in tre tipologie di premio e con massimale così suddiviso:
    • premio base alle regioni con almeno il 25 per cento di oliveti sulla SAU (in pratica solo Liguria, Puglia e Calabria): 43,7 milioni;
    • premio aggiuntivo per oliveti declivi (pendenza media di almeno il 7,5%) sempre nelle regioni con almeno il 25% di oliveti sulla SAU ma solo nelle aree in convergenza (praticamente solo Puglia e Calabria);
    • premio per olivicoltura di rilevante importanza economico, territoriale ed ambientale: 13 milioni usufruibili in tutte le regioni. Non sono stati indicati i criteri per la concessione di tali pagamenti.

 

  • E’ confermata la clausola di revisione sulle scelte che sono state definite. In pratica entro il 2016 si procederà ad una analisi di impatto, in particolare delle ricadute del sostegno accoppiato, tenendo conto anche delle scelte effettuate dagli altri Stati membri e adottando le conseguenti eventuali contromisure.

 

Valutazioni

Le valutazioni su questo ulteriore passaggio verso il recepimento della riforma della Pac in Italia sono sostanzialmente quelle già espresse (v. circ. Area Economica del 29 maggio scorso) in occasione della pubblicizzazione dell’accordo politico tra Ministero e Regioni.

Si possono tuttavia aggiungere ulteriori nuove considerazioni sulle principali novità rispetto alle quali il quadro è cambiato (anche sensibilmente come nel caso della definizione di “agricoltore attivo”).

In particolare:

  • È positiva la scelta di individuare un “doppio canale” per identificare gli “agricoltori attivi” (registro Inps nonché adesione a regime IVA). In un primo momento era sembrato infatti che l’intenzione delle amministrazioni fosse quella di collegare i due requisiti (iscrizione Inps ed anche titolarità di partita IVA).

 

Tuttavia mancano rispetto alla posizione confederale due elementi sostanziali:

 

  • L’inclusione delle “ditte assuntrici”, tra i soggetti iscritti all’Inps classificabili automaticamente come “attivi”;
  • La mancanza di un riferimento di un giro di affari minimo, che Confagricoltura ha sempre indicato in 7mila euro, per “qualificare” l’adesione al regime IVA. Si è preferito invece la semplice presentazione di una dichiarazione annuale (presumibilmente ad un qualsiasi livello di fatturato dichiarato) e in montagna e zone svantaggiate, quindi in un’area potenzialmente vasta, la sola titolarità della partita IVA.

In mancanza di questi due elementi, manca del tutto quella selettività positiva della misura che sarebbe stata auspicabile, mentre si discriminano ingiustamente le “ditte assuntrici” che invece garantiscono un contributo occupazionale al settore; ciò in maniera incoerente all’impostazione del recepimento nazionale della riforma. D’altro canto la doppia soglia di esenzione (con 5mila euro di pagamenti nelle zone montane ma anche svantaggiate) rischia di far applicare il requisito di “agricoltore attivo” a pochi soggetti. Il tutto mentre permane l’ingiustificata esclusione in prima battuta di banche, assicurazioni, etc. dai pagamenti come “agricoltori non attivi” ed inclusi nella black list. Occorrerà temperare se possibile questa previsione in sede applicativa almeno per quanto riguarda i soggetti (società) attivi in agricoltura e partecipate da istituti di credito, assicurazioni etc.

  • Per quanto concerne gli aspetti orizzontali, mentre si registrano miglioramenti tecnici come il chiarimento sull’applicazione delle riduzioni di degressività (in allegato 2 una nuova simulazione aggiornata che approfondisce meglio l’utilizzo della detrazione dei costi di manodopera), non vi sono particolari aspetti positivi né novità rispetto alla situazione del 27 maggio.

 

  • Riguardo infine il tema dei “pagamenti accoppiati”, rimane il pregiudizio di fondo relativo alla scelta discutibile di riservare solo l’11 per cento del massimale finanziario ai pagamenti di settore. Ciò non consente di attivare pagamenti per alcuni comparti che rimangono esclusi (essenzialmente alcune produzioni di ortofutta) e, per i comparti ammessi, impone un livello di pagamenti in molti casi poco rilevanti rispetto ai reali fabbisogni delle imprese. Si sarebbe potuto varare misure più efficaci prevedendo una dotazione finanziaria maggiore. In allegato (allegato 3) un quadro di confronto aggiornato tra il piano di riparto Mipaaf-Regioni e la proposta ufficializzata da Agrinsieme a metà maggio.

In via generale poi, per quanto riguarda le misure applicative, mentre sono state recepite alcune modifiche proposte da Agrinsieme (una su tutte è il pagamento nel settore del latte bovino per vacca da latte anziché per vitello nato) sono comparse/confermate alcune disposizioni che potranno limitare l’ambito d’azione dei pagamenti diretti. Ad esempio la soglia massima di ettari per i pagamenti destinati alla soia nel Nord (10 per cento della superficie aziendale con franchigia di 5/10 ettari), la maggiorazione per i capi bovini da carne delle cinque razze autoctone legato all’adesione al piano di risanamento dal virus della rinotracheite bovina, l’adesione obbligatoria per gli allevatori bufalini al fondo mutualistico, la resa minima per il pagamento vacche da latte e così via.

D’altro canto alcune misure rimangono non definite, come il caso emblematico dei 13 milioni di euro destinati all’olivicoltura “importante” dal punto di vista economico, territoriale ed ambientale, o  addirittura per i “premi macellazione” di vitelli di 6-8 mesi, una misura della quale si prevede il costo di 5 milioni di euro ma senza trovare la copertura, rinviando ad altra sede, presumibilmente la Conferenza del 12 giugno, una decisione in merito.

Tutti questi aspetti critici inducono ad una valutazione più approfondita di quest’ultima versione del testo di recepimento nazionale alla luce della tornata di riunioni realizzate nei giorni scorsi, ma anche a rafforzare l’azione sindacale al centro e sul territorio in vista della successiva formalizzazione delle indicazioni sinora emerse dal confronto Mipaaf-Regioni. In particolare in vista della Conferenza del 12 giugno prossimo.

 

Si intravede infatti la possibilità di apportare ulteriori margini di miglioramento alle decisioni maturate sinora tra Assessorati e Ministero. Una possibilità che vale la pena cogliere con ulteriori proposte ed azioni a sostegno delle posizioni confederali.

 

Cordiali saluti

 

 

Vincenzo Lenucci

Direttore

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